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"Era alto e snello, aveva la pelle scura e camminava a grandi falcate, tanto che pensai dovesse essere un indiano mezzo sangue, e non un europeo. Oscillava un poco, ma si manteneva sempre eretto, lasciando pendere il capo leggermente di lato, come un solitario, sempre in ascolto di qualcosa. Non era propriamente un modo di origliare, c'era anche un che di molto amabile in quell'atteggiamento; vorrei definirlo come il segno più evidente di un bisogno di rapporti, come voler dire: "Io da solo non sono nulla, sono qualcosa solo in rapporto al mondo esterno". Cosi Dora Diamant, ultima compagna della vita di Kafka, ricorda lo scrittore de "La metamorfosi". E alla sua testimonianza si uniscono compagni di scuola e amici, dalle cui attente osservazioni emerge un inedito ritratto dello scrittore, non l'autore introverso e ombroso ma un giovane ebreo nella Praga del primo Novecento. L'infanzia, la vita famigliare, gli incontri delineano l'emergere del genio di colui che ha cifrato il mondo di una generazione riuscendo a dire, come in sogno, tutto ciò che di un'epoca doveva essere detto. Con diciannove fotografie e un disegno.